L’Acquedotto Vergine al cinema: Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto

 

Nel film di Riccardo Milani Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto (uscito nelle sale il 26 agosto 2021, sequel della commedia campione d’incassi del 2017) appare anche l’Acquedotto Vergine.

Possibile?

Possibile! Ma…attenzione: allerta spoiler!⚠️

Monica e Giovanni, interpretati come nel primo episodio da Paola Cortellesi e Antonio Albanese, si sono lasciati da tempo quando motivi…“giudiziari”…offrono l’occasione per un riavvicinamento. Così, l’antico acquedotto diventa la location di una romantica passeggiata notturna. I due, indossati stivaloni impermeabili, camminano nell’acqua fino ad affacciarsi sulla Fontana di Trevi.

Possibile?

No, stavolta non lo è (se non grazie alla magia del cinema). O meglio, non proprio come nel film.

Monica e Giovanni raggiungono l’acqua scendendo da una suggestiva scala a chiocciola che esiste veramente, è la cosiddetta Chiocciola del Pincio! 

La scala a chiocciola – Piazza della Trinità dei Monti

Composta da 117 gradini, per un’altezza complessiva di circa 25 metri, fu realizzata nella seconda metà del Cinquecento ampliando un pozzo d’epoca romana dal matematico e ingegnere Camillo Agrippa nell’ambito dei lavori per la realizzazione di un impianto per il sollevamento dell’acqua (così da raggiungere i giardini di Villa Ricci – l’attuale Villa Medici – alla sommità del Pincio).

La porticina d’accesso è proprio accanto alla facciata di Villa Medici. Ma, se non in rari – anzi, rarissimi – casi, è chiusa al pubblico. 

 

Percorso il canale sotterraneo come due provetti speleologi, nella scena seguente i protagonisti attraversano una sala con grandi macchinari idraulici. Hanno raggiunto la camera di manovra della Fontana di Trevi: l’ambiente da cui, per mezzo di quattro pompe elettriche (installate nel 1979) controllate da remoto, è regolata l’alimentazione della fontana. 

Ancora qualche passo e una finestra aperta e priva di grate gli permette di affacciarsi proprio su Fontana di Trevi. E di salire sul travertino che nella parte inferiore del monumento forma un’imponente scogliera.

“Siamo dentro la fontana!” esclama Monica stupita. Chi non lo sarebbe, d’altra parte? 

Stupisce anche, a dire il vero, non sentire i fischi dei Vigili Urbani che, a tutte le ore del giorno e della notte, sorvegliano la piazza per evitare proprio che, arrampicandosi, qualcuno possa mettere in pericolo il monumento (oltre alla propria incolumità). Ma si tratta di un film. E nei film tutto può accadere…

Nella realtà invece, visitare la camera di manovra è probabilmente un po’ meno suggestivo, ma non impossibile. Non servono attrezzature speleologiche né particolare coraggio. E’ direttamente ACEA, la società che gestisce il servizio idrico integrato di Roma a consentire di sbirciare “dietro le quinte” della Fontana in occasione di eventi o ricorrenze particolari.

Comunque, seguire il percorso dell’Acquedotto Vergine tra Trinità dei Monti e Fontana di Trevi è possibile, per tutti, in superficie. Si tratta sicuramente di un modo meno avventuroso di quello del film, ma che riserva ugualmente sorprese e curiosità. Del resto, proprio all’altezza dell’attuale Via Due Macelli già anticamente l’acquedotto si alzava su arcate per l’ultimo tratto urbano.

Le arcate dell’Acquedotto Vergine nel complesso della Rinascente

Infatti, proprio tra via Due Macelli e via del Tritone, i lavori di realizzazione del nuovo complesso della Rinascente, hanno individuato resti antichi che hanno richiamato l’attenzione degli studiosi.

Le approfondite indagini archeologiche, seguite dal 2013 dalla funzionaria della Soprintendenza Marta Baumgartner, hanno permesso di portare alla luce 15 arcate dell’Acquedotto Vergine, oltre ai resti di tabernae, insulae e domus.

Le strutture sono adesso liberamente fruibili al piano interrato del complesso commerciale, inaugurato nell’ottobre 2017, arricchite da proiezioni e ricostruzioni multimediali.

 

Resti dell’Acquedotto Vergine in via del Nazareno

Pochi metri più a valle, in via del Nazareno, un’anonima cancellata protegge l’accesso ad un altro tratto dell’acquedotto costituito da arcate in blocchi bugnati di travertino.

Sul fornice più grande, identificato con l’arco fatto erigere da Claudio per celebrare la sua vittoria sui Germani, è visibile l’iscrizione che ricorda il restauro dell’Acquedotto Vergine compiuto nel 46 d.C. dallo stesso imperatore.

Ti(berius)  Claudius Drusi f(ilius) Caesar Augustus Germanicus / pontifex maxim(us)  trib(unicia)  potest(ate) V imp(erator) XI p(ater)  p(atriae) co(n) s(ul)desig(natus) IIII / arcus ductus aquae Virginis disturbatos per C( aium) Caesarem / a fundamentis novos fecit ac restituit 

Tiberio Claudio, figlio di Druso, Cesare Augusto Germanico, pontefice massimo, rivestito per la quinta volta della potestà tribunicia, acclamato imperatore per l’undicesima volta, padre della patria, console designato per la quarta volta, ricostruì e restaurò dalle fondamenta gli archi dell’acquedotto dell’acqua Vergine, danneggiati da Gaio Cesare (Caligola).

Poi, una volta arrivati a Fontana di Trevi, basta non fermarsi, girare l’angolo e percorrere pochi metri fino a vicolo del puttarello. Ed ecco riapparire l’Acqua Vergine nel castellum aquae del Vicus Caprarius!

Il Castellum Aquae del Vicus Caprarius